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C.N.S. Delegazione Regionale del Lazio

VERBALE 1/2003

12 marzo 2003

Breve resoconto dell’incontro dei Rettori dei santuari del Lazio

Il primo raduno dei Rettori del Lazio del 2003 si è tenuto a Viterbo nel Santuario della Madonna della Quercia. Nel panorama dei luoghi sacri d’Italia, è sicuramente uno dei più noti sia per la storia che per l’arte che lo caratterizzano. Il prof. Gianfranco Ciprini, appassionato storico del santuario, giustamente l’ha definito un gioiello rinascimentale. Numerosi papi l’hanno amato e visitato. La sua bellezza artistica rappresenta un monumento alla devozione di generazioni di fedeli verso la Madre di Dio. Alle 10,30 dopo un cordiale saluto ai convenuti da parte del Rettore don Angelo Massi, ha avuto inizio l’incontro di fronte all’altare della Madonna con la recita dell’ora media, diretta da don Pasquale Silla. Quindi, ci si è trasferiti in aula per esaminare gli argomenti dell’ O.d.G.
Ha aperto la conversazione mons. Lorenzo Chiarinelli, Vescovo di Viterbo. Il suo intervento è stato molto apprezzato per la chiarezza e la profondità dei concetti espressi sul santuario.
Il Vescovo ha descritto il ruolo del santuario servendosi di tre icone bibliche: a) il santuario è come la locanda dove il buon samaritano ha portato l’uomo incappato nei briganti, per essere curato; b) il santuario è come la casa di Betania. Luogo dell’accoglienza. Gesù vi andava per incontrare gli amici; c) il santuario è come il villaggio di Emmaus. I discepoli sapevano tutto di Gesù, ma solo quando si sedettero a mensa lo riconobbero e la loro fede si rinvigorì. Stessa cosa deve avvenire nel santuario. I pellegrini che vanno, pur credendo in Cristo si sentono stanchi. Hanno bisogno di vedere e contemplare il volto di Cristo per rinvigorire la fede e riprendere il cammino.
Il Vescovo ha poi evidenziato la peculiarità del santuario. Non è un monastero. Non è una chiesa parrocchiale. Il santuario è il luogo della libera scelta e non della obbligatorietà. Ciò che si fa nel santuario è diverso da quello che si fa in una parrocchia. Nel santuario si riscopre il significato profondo del viaggio e, quindi, del pellegrinaggio. Il contrario del pellegrinaggio è il vagabondaggio. Nel primo caso si ha una meta da raggiungere. Nel secondo, si va avanti senza meta. Il santuario, ha sottolineato ancora mons. Chiarinelli, è il luogo dove i valori si ravvivano. Nel santuario soffia un vento che spazza via la cenere che ricopre il fuoco della fede. Le omelie del santuario devono essere diverse da quelle che si fanno in altre chiese.
Dopo l’intervento del Vescovo, che subito dopo è dovuto partire, hanno preso la parola i convenuti. Riportiamo le idee che ci sembrano più significative. Fernando Persia, operatore laico del santuario del Divino Amore, ha messo in evidenza il valore dell’accoglienza. “Ero un cristiano non praticante. Ma, grazie all’amorevole accoglienza che ho ricevuto nel santuario, ho cambiato vita. I santuari, ha aggiunto, hanno un carisma che riesce a penetrare l’animo del visitatore. Lo Spirito santo sta dentro di noi. Bisogna scoprirlo”. Paolo Di Simone, collaboratore del santuario della Civita (LT) ha detto: “Dal 1985 opero nel settore dell’accoglienza. Nel santuario sono riuscito a spazzare via la cenere che ricopriva la mia fede. Ora ho riscoperto la bellezza della grazia di Dio”. Don Ampelio del santuario del Ruscello di Vallerano ha voluto mettere il dito su una piaga che a suo avviso sembra insanabile: “Chi va al santuario rischia di dimenticare che il luogo naturale della sua vita spirituale è la parrocchia”. Questo intervento ha suscitato un’accesa discussione in aula. Padre Domenico Lanci ha fatto osservare che non è così. La corretta pastoralità di un santuario consiste nel far capire al pellegrino che il suo posto ordinario come cristiano è la parrocchia. Il concetto è stato ribadito poi da don Pasquale Silla, con queste parole: “Il santuario ha il ruolo di inquietare le coscienze dei fedeli; di rimettere in discussione la loro vita. Di qui la collaborazione che deve esserci tra il rettore di un santuario e il parroco”. “Ma certi parroci - ha subito aggiunto senza troppi peli sulla lingua Giuseppe De Meo del santuario della Civita - arrivano perfino a proibire ai propri fedeli di recarsi ai santuari”. Vogliamo sperare che questi tipi di parroci siano pochi. Sì, perché si tratterebbe di un modo distorto di vedere e sentire la chiesa.
Il raduno si è concluso fraternamente a tavola con uno squisito e abbondante pranzo. Si ringrazia don Angelo Massi, rettore della Madonna della Quercia, per il suo straordinario spirito di accoglienza.

Segretario D. Lanci cp







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